Dove nasce la paura? – di Emanuela Iacchia

Dove nasce la paura? – di Emanuela Iacchia

Paul MacLean neuroscienziato americano, nei primi anni ’70 propone la teoria del cervello tripartito, una semplificazione accademica del funzionamento del cervello, molto utile per spiegare come lavora la mente e di conseguenza come noi agiamo. Questa teoria trova le sue basi negli studi della psicologia evoluzionista secondo cui gli organismi viventi si modificherebbero gradualmente nel tempo adattandosi all’ambiente. Ma perché è importante per noi conoscere la teoria di MacLean?

Ecco perché: A tutti è capitato di sperimentare come in alcune situazioni la nostra mente ci faccia agire in un modo che non ha nulla a che fare con la logica. Ripensando poi a quelle situazioni, ci rendiamo conto che non tutto ciò che abbiamo fatto derivava dal ragionamento ed era sensato, ma è come se a volte fossimo più impulsivi, altre più emotivi, altre più razionali. Ma questo perché succede?

MacLean distingue tre parti del cervello, ognuna con funzioni distinte, vediamole. Il primo cervello è quello rettiliano ed è la parte più antica dal punto di vista evoluzionistico, dal momento che è paragonabile, per finalità e modalità di funzionamento, al cervello di un rettile. Si attiva nei momenti in cui è richiesta massima velocità di esecuzione, per esempio nei casi di rischio di vita, è istintivo e funziona in termini relazionali secondo una logica di attacco, fuga o congelamento, ovvero ci predispone a scappare, ad attaccare o a immobilizzarci di fronte a un pericolo reale o immaginato. Quando i nostri bambini con MS si “ghiacciano”, è questa parte della mente ad essere coinvolta, agiscono prima ancora ad aver conferma del pericolo e lo fanno in modo automatico.

La seconda parte è il cervello limbico e si occupa di quello che concerne la nostra vita relazionale ed emotiva: ci permette di sentire emozioni e di provare sentimenti. Un bambino, più è piccolo, più usa questa parte provando emozioni e sentimenti, senza esserne totalmente consapevole. Il cervello degli adolescenti è prevalentemente limbico nel senso che, più che pensare, “loro sentono” e lo fanno con grande intensità. L’ansia è così forte, in chi soffre di MS, che tutto il resto non conta più. Dire ad un ragazzo che il suo silenzio lo porterà alla bocciatura o a restare escluso dagli amici, ha poco impatto perché l’obiettivo, nell’immediato per lui, è liberarsi dalla paura, dalla vergogna o dall’imbarazzo che sente o che sentirà parlando. Nel sistema limbico, l’ippocampo in quanto sede della memoria emotiva permette di ricordare le informazioni sensitive-sensoriali relative agli eventi vissuti e l’amigdala, che gioca un ruolo chiave nella formazione e nella memorizzazione dei ricordi associati a eventi emotivi, è responsabile del cosiddetto condizionamento della paura. Se non si interviene si innesca un circolo vizioso difficile da sciogliere.

Infine la neo-corteccia, l’ultima in termini evolutivi è la sola che ci distingue realmente dagli altri mammiferi. La neo-corteccia ci consente di sapere di esistere, di impegnarci in progetti complessi e creativi, di dedicarci a pensare al nostro futuro e desiderarlo migliore. Quando le cose funzionano bene, in modo integrato, le tre aree cerebrali dialogano tra loro. Attraverso la neo-corteccia è possibile inibire gli istinti se è necessario e accorgersi di come i pensieri, le emozioni e i comportamenti conseguenti, siano collegati. Possiamo comprendere come i pensieri creano le emozioni e come poterle regolare. Il più delle volte è il pensiero che produce l’ansia e non la realtà. Chi soffre di MS deve essere aiutato a conoscere la teoria del cervello tripartito per poter comprendere che è possibile superare l’ansia del futuro o il ricordo della paura del passato che blocca il presente, anche attraverso una maggior consapevolezza di come agisce il cervello. Quando le funzioni sono integre e tutte accessibili, siamo nell’ambito del buon funzionamento psichico che rende più facile la relazione con se stessi e con gli altri.

Emanuela Iacchia – psicologa e psicoterapeuta, direttore del Comitato scientifico Aimuse