Materiale Convegno del 19 novembre 2011

Siamo lieti di iniziare a pubblicare il materiale del Convegno di AIMUSE tenutosi a Torino il 19 novembre scorso.

Michael Jones – logopedista ed educatore


L’uso del software istruttivo per consolidare il legame tra scuola e casa con i bambini selettivamente muti.

Riassunto

Stiamo sviluppando un approccio che ha l’obiettivo di ridurre l’ansia nei bambini quando si tratta di parlare a scuola, al fine di poterli aiutare da subito a comunicare con sicurezza. In tale prospettiva, forniamo alle famiglie due software dai contenuti divertenti per i bambini: si tratta di due programmi da usare sul computer di casa e che li incoraggiano a parlare e ne stimolano l’apprendimento del linguaggio, della lettura e della scrittura. Quando i bambini sono pronti, lavoriamo insieme per introdurre l’uso del software in classe. In questo processo, la formazione del personale docente in materia di mutismo selettivo è una fase importante.

Che cosa sappiamo delle persone affette da mutismo selettivo?

Nel passato si tendeva a credere che i bambini che sono muti a scuola ma parlavano senza problemi in casa lo facessero per scelta. Questi bambini erano infatti considerati come manipolatori e determinati a gestire le relazioni. Erano quindi considerati muti per elezione (questa espressione è ripresa del termine inglese Elective Mutes, dove la parola Elective rimanda a ‘eleggere’ ed essenzialmente significa scegliere).

Purtroppo, molte persone continuano a pensare che questi bambini scelgano di non parlare e sono perciò spesso accusati di questo e descritti negativamente. Questo modo di pensare porta gli adulti, specialmente gli insegnanti, a sentirsi minacciati dal silenzio di questi bambini, portando a un clima negativo e a un comportamento poco disponibile nell’adulto stesso.

Una maniera più positiva per cercare di capire i bambini silenziosi a scuola è di considerarli come selettivamente muti. Questa nuova definizione non è solo una questione formale, ma implica anche un modo diverso di vedere il problema. Infatti, nel momento in cui i bambini sono definiti come incapaci di parlare in alcuni ambienti, l’accento è posto maggiormente sulla situazione che sul bambino stesso. Adesso si tende a ritenere che, per quanto questi bambini aspirino a parlare, sviluppano tuttavia anche una paura intensa, se non persino una fobia, di parlare in pubblico o a degli adulti sconosciuti. Alcuni bambini spiegano di provare un blocco a livello della gola quando tentano di parlare, quando in realtà non esiste nessun impedimento fisico.

Perché è essenziale lavorare con gli adulti?

Il mio approccio ha come obiettivo aiutare i bambini ad assumere sicurezza quando parlano. Nonostante ciò, penso che prima di tutto questo cambiamento dovrebbe avvenire negli adulti. In primo luogo, infatti, ho un colloquio con i genitori; successivamente organizzo una riunione col dirigente scolastico, poi con l’insegnante, e per finire faccio un resoconto di novanta minuti agli insegnanti. Parlo con i genitori in modo da capire cosa provano e cosa pensano, quale ritengano sia la causa dei problemi del figlio e come si possa lavorare insieme per aiutarlo. Nella maggior parte dei casi non è necessario che incontri il bambino. Nel pomeriggio, mi incontro con l’insegnante e il direttore: li ascolto e cerco di capire che cosa pensano del bambino, ma soprattutto che cosa comprendono del suo comportamento e delle sue necessità.

Durante la riunione con gli insegnanti affrontiamo le caratteristiche del mutismo selettivo e passiamo in rassegna le modalità efficaci e quelle penalizzanti nell’interagire con i bambini che ne sono affetti. L’intento è che gli adulti, come educatori, agiscano con più comprensione nei confronti del bambino, cosa che reputo essere irrinunciabile per l’avvio del lavoro finalizzato al.

Essenzialmente, provo a cambiare la percezione degli adulti, affinché passino da: “Lei è Katie, la bambina che non parla. È molto difficile di sapere che cosa dobbiamo fare con lei,” a: “Ecco Katie. È molto sensibile quando si tratta di comunicare con gli altri. Ma noi la aiutiamo a comunicare meglio.”

Una strada efficace che aiuta il bambino a migliorare la fiducia in se stesso e a comunicare con gli altri è aiutarlo ad usare la voce in modo graduale con uno dei genitori a scuola, o eventualmente anche parlando con se stesso o leggendo ad alta voce, per esempio da solo nella biblioteca della scuola. Successivamente, un altro bambino può unirsi a parlare con lui, per poi passare alla fase seguente in cui anche l’insegnante prende parte alla conversazione. Il bambino potrà così a poco a poco cominciare ad usare la voce nel cortile della scuola, e poi a piccoli gruppi, anche in classe. Questa tecnica dello ‘sliding in’ (progressività o introduzione progressiva) funziona solamente se esiste una stretta cooperazione e comunicazione tra la famiglia e la scuola. Alcune scuole mandano anche un insegnante a casa del bambino, di modo che possa esercitarsi con un adulto nell’uno come nell’altro ambiente.

Usare il software informatico

Perché usare il computer? Perché ai bambini piacciono i computer! Ma anche ai loro insegnanti! I due programmi che usiamo sono divertenti e pedagogici, due aspetti apprezzati da entrambi. I due programmi (Choose and Tell e Lexion) parlano con i bambini, cosicché I bambini iniziano a parlare spontaneamente mentre li utilizzano.

Secondo la mia esperienza i bambini che dimostrano ansia di fronte alla prospettiva di imparare a comunicare verbalmente sono estremamente motivati ad esercitarsi usando un computer. La nostra ricerca si propone di capire se l’utilizzo, a casa come a scuola, dei programmi informatici che usano la tecnica dello ‘sliding in’ (progressività) giova ai bambini selettivamente muti. Questo approccio potrebbe quindi sostituire la lettura ad alta voce.

Inoltre, le famiglie e le scuole apprezzano tantissimo la formazione a loro rivolta (il sostegno e i momenti di formazione), poiché contribuisce a sviluppare e a migliorare il rapporto casa-scuola. Oltretutto, il fatto che Il software sia accattivante per i bambini e a loro piaccia usarlo con gli amici e con il resto della classe, aiuta ad aumentare la sicurezza di sé e la sensazione di benessere e di agio, dandogli così un incoraggiamento a parlare.

 

Michael Jones MRCSLT, MSc. PGCE, ADES

Early Language Consultant

 

Traduzione di David Jacobs

 

Talk4Meaning

A sostegno della comunicazione e dell’apprendimento nei bambini

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